martedì 16 ottobre 2007

San Francesco "La Perfetta Letizia"


- La Perfetta Letizia -


La vita di San Francesco d’Assisi è quella di un uomo che diventa santo; esemplare ed eccezionale, totalmente cristiano nella sua scelta di vivere integralmente il vangelo, tuttavia non smette di agire nel mondo.Francesco è un santo che sceglie la gioia di vivere, la raccomanda ai suoi discepoli; ama la povertà mai disgiunta dalla "perfetta letizia"; si priva di tutto, ma si riempie di Dio e da questa pienezza arriva la sua grande gioia. "…Sopportare il male senza mormorare, con pazienza e gioia saper sopportare. Aver vinto su te stesso, sappi, questa è la letizia…"

Questo frammento riassume il concetto di "perfetta letizia" trattato nell’ottavo capitolo dei Fioretti di San Francesco: siamo verosimilmente nell’inverno dell’anno 1221 e San Francesco, in compagnia di Frate Leone si sta recando ad Assisi presso la chiesetta della Porziuncola.Durante il cammino Francesco ha l’occasione di spiegare al sacerdote, prima attraverso una serie di negazioni poi con esempi che la vera gioia consiste nell’accettare non solo pazientemente ma anche serenamente e gioiosamente i maltrattamenti immeritati della vita quotidiana, persino le incomprensioni dei suoi frati.La letizia è perfetta, perché è la suprema vittoria che Francesco ottiene su se stesso. Non c’è in lui amor proprio, orgoglio perché ha superato la prova più grande a cui il suo spirito poteva essere sottoposto e l’ha vinta, per questo ha motivo di rallegrarsi. La gioia è un dono che gli uomini cercano e attendono e che il credente è tenuto a trasmettere come l’amore, la fede. Essere nulla e nessuno, questo riempie Francesco di gioia.

Angelo Branduardi - La predica della perfetta letizia

lunedì 15 ottobre 2007

Significato del testo "Scarborough Fair"











Scarborough Fair

Il brano, uno dei più famosi di Simon & Garfunkel, è tratto da una ballata inglese di epoca medievale, che il celebre duo folk ha ripreso (in parte) e arrangiato magistralmente, facendone un classico intramontabile, intervallando le parole originale con altre composte da Simon & Garfunkel (Canticle), di chiara impostazione pacifista, che si pongono a contrasto con la vecchia ballata.Ma cosa andava a fare il protagonista alla fiera di quella città, e perchè erano così importanti prezzemolo, salvia, rosmarino e timo, le spezie citate nell'inciso del brano (parsley, sage, rosemary and thyme)?

La antica città di Scarborough e la sua fiera



Scarborough era (ed è) una città portuale situata nello Yorkshire, a Nord del capoluogo York, che si affaccia sul Mare del Nord. In origine era un insediamento vichingo, risalente ad oltre mille anni fa, e aveva il nome di Skartha per i vichingi, diventata poi Skarthaborg (borg = città, dal termine latino germanizzato) e poi Scarborough in dizione inglese. La buona posizione ne fece un frequentato porto commerciale nel medio evo, quando ripresero vigore i traffici per mare.Da questa attitudine commerciale nasceva la Fiera di Scarborough, famosa in tutta la Gran Bretagna del medio evo, che durava 45 giorni ogni anno, dalla metà di agosto sino a fine settembre, attirando commercianti e gente comune da tutta l'Inghilterra e anche dall'estero. Negli anni successivi la importanza della fiera è andata declinando, assieme a quella della cittadina, che ora è una tranquilla località della provincia inglese.


Il brano,, è tratto da una ballata inglese di epoca medievale, (Canticle), di chiara impostazione pacifista, che si pongono a contrasto con la vecchia ballata.Ma cosa andava a fare il protagonista alla fiera di quella città, e perchè erano così importanti prezzemolo, salvia, rosmarino e timo, le spezie citate nell'inciso del brano




Stai andando alla Fiera di Scarborough?

prezzemolo, salvia, rosmarino e timo

ricordarmi alle persone che vivono là

lei un tempo era un vero amore per me




Dille di cucirmi una camicia di lino

prezzemolo, salvia, rosmarino e timo

senza giunture e senza usare l'ago per cuciree lei sarà un vero amore per me



Dille di cercarmi un acro di terra

prezzemolo, salvia, rosmarino e timo

tra l’acqua salata del mare e la sponda

e lei sarà un vero amore per me.




Dille di mettere il raccolto in un sacchetto di pelle

prezzemolo, salvia, rosmarino e timo

e di legarlo tutto assieme in un mazzetto di erica

e lei sarà un vero amore per me.

Stai andando alla Fiera di Scarborough?

prezzemolo, salvia, rosmarino e timo

ricordarmi alle persone che vivono là

lei un tempo era un vero amore per me.

Spiegazione del testo della canzone tradizionale

Si tratta di una canzone che parla di un abbandono e di un amore impossibile. Il personaggio che canta i versi chiede alla sua amata una serie di prove impossibili, ma molto domestiche, in linea con la ispirazione e la ambientazione popolare del testo, come presupposto perché il loro amore possa avverarsi. Le prove quindi sono per la donna, così come addirittura è la donna che alla fine dovrebbe chiedere la mano all'amante che le chiede le prove d'amore.Poiché siamo nel periodo dell'amore angelicato, dell'uomo disposto ad adorare e ad aspettare per tutta la vita la sua amata, e questa poetica influenzava anche la canzone popolare, che dalle arie nobili traeva ispirazione, è probabile che si tratti di una inversione. In altre parole la canzone parla di una serie di situazioni paradossali e impossibili proprio per significare poeticamente che l'amore è finito, è impossibile, l'abbandono è consumato, o forse c'è un impedimento esterno insuperabile, lei è promessa ad un altro, o è già sposata, quanto viene chiesto non potrà mai essere realizzato, e quindi questo è un modo poetico di congedarsi da questo amore infelice. Lasciando però una speranza, una porta aperta, con il bellissimo verso "L'amore richiede prove impossibili / ma nulla di più di quanto chiede ogni cuore": in altre parole l'amore non è razionalità, tutto è possibile, anche l'impossibile, e quindi forse da questo messaggio all'amata nascerà veramente "un vero amore" per il romantico trovatore medievale.E infine perché l'ambientazione e il riferimento alla fiera? Era un tempo di comunicazioni scarse, e la fiera, soprattutto se così lunga, era uno strumento di comunicazione. Il protagonista ha incontrato un viaggiatore che sta andando alla fiera, lui evidentemente ne è lontano, o non può andarci di persona. La sua amata forse vive lì, forse anche lei dovrà andare alla fiera, per il suo lavoro, per accompagnare la sua famiglia o per qualche altro motivo. E' il tema quindi del messaggio affidato a un messaggero d'amore, un viaggiatore, un commerciante che, forse e se la fortuna vorrà, arriverà all'amata, non essendoci telefoni, telefonini o e-mail per raggiungerla in modo più agevole.Parsley, sage, rosemary and thyme: cosa significa il richiamo alle quattro erbeSono altrettanti simboli delle virtù che il cantore chiede alla sua amata, sono simboli un po' come oggi potrebbero le rose rosse (passione) o il giglio bianco (purezza) e così via.Il prezzemolo era allora più che un condimento un'erba officinale, indicata per favorire la digestione e cacciare il cattivo umore. Simboleggia quindi la possibilità di allontanare i dispiaceri e l'amarezza dalla vita.Anche la salvia era un'erba officinale, indicata come rinvigorente. Simboleggia quindi la forza.Molti sono i simboli associati al rosmarino. Simboleggia il ricordo e la capacità di non dimenticare perché, secondo credenze risalenti alla antica Roma, era sufficiente un ramoscello sotto al cuscino la notte per rafforzare la memoria. Simboleggia la fedeltà, perché sin dai tempi della antica Grecia era usanza adornare con ramoscelli di rosmarino l'acconciatura delle spose. Infine la pianta del rosmarino è forte e resistente, sebbene cresca lentamente e all'inizio con difficoltà, e quindi simboleggia tradizionalmente l'amore femminile.Il timo rappresenta infine il coraggio, probabilmente per presunte proprietà dei decotti derivati da questa pianta, ed era usato per adornare le armi dei cavalieri dell'epoca.Quindi diventa chiaro il significato del celebre verso e inciso: l'amarezza tra loro deve essere scacciata dal prezzemolo, la salvia deve dare loro la forza di sopportare la separazione, il rosmarino deve dare a lei la fedeltà di aspettarlo, e il timo il coraggio di affrontare le prove impossibili per arrivare o tornare da lui
Stai andando alla Fiera di Scarborough?prezzemolo, salvia, rosmarino e timoricordarmi alle persone che vivono làlei un tempo era un vero amore per me







Simon and Garfunkel - Are you going to Scarborough Fair

Bologna -Basilica di San Francesco in Piazza Malpighi.

Bologna -Basilica di San Francesco in Piazza Malpighi


Giotto - San Francesco -




venerdì 12 ottobre 2007

Vangelo secondo Matteo


Nuovo Testamento: I Vangeli




Vangelo secondo Matteo


5
1Vedendo le folle,
Gesù salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli. 2 Prendendo allora la parola, li ammaestrava dicendo:
3
"Beati i poveri in spirito,perché di essi è il regno dei cieli.
4 Beati gli afflitti,perché saranno consolati.
5 Beati i miti,perché erediteranno la terra.
6 Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,perché saranno saziati.
7 Beati i misericordiosi,perché troveranno misericordia.
8 Beati i puri di cuore,perché vedranno Dio.
9 Beati gli operatori di pace,perché saranno chiamati figli di Dio.
10 Beati i perseguitati per causa della giustizia,perché di essi è il regno dei cieli.
11Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. 12 Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi.
13Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato? A null'altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini.

14Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città collocata sopra un monte, 15né si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa. 16Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli.
17Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento. 18In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà neppure un iota o un segno dalla legge, senza che tutto sia compiuto. 19Chi dunque trasgredirà uno solo di questi precetti, anche minimi, e insegnerà agli uomini a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà agli uomini, sarà considerato grande nel regno dei cieli.
20Poiché io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli.
21Avete inteso che fu detto agli antichi: Non uccidere; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio. 22Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio. Chi poi dice al fratello: stupido, sarà sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: pazzo, sarà sottoposto al fuoco della Geenna.
23Se dunque presenti la tua offerta sull'altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, 24lascia lì il tuo dono davanti all'altare e va' prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono.
25Mettiti presto d'accordo con il tuo avversario mentre sei per via con lui, perché l'avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia e tu venga gettato in prigione. 26In verità ti dico: non uscirai di là finché tu non abbia pagato fino all'ultimo spicciolo!
27Avete inteso che fu detto: Non commettere adulterio; 28ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore.
29Se il tuo occhio destro ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geenna. 30E se la tua mano destra ti è occasione di scandalo, tagliala e gettala via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geenna.
31Fu pure detto: Chi ripudia la propria moglie, le dia l'atto di ripudio; 32ma io vi dico: chiunque ripudia sua moglie, eccetto il caso di concubinato, la espone all'adulterio e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio.
33Avete anche inteso che fu detto agli antichi: Non spergiurare, ma adempi con il Signore i tuoi giuramenti; 34ma io vi dico: non giurate affatto: né per il cielo, perché è il trono di Dio; 35né per la terra, perché è lo sgabello per i suoi piedi; né per Gerusalemme, perché è la città del gran re. 36Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. 37Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno.
38Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente; 39ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l'altra; 40e a chi ti vuol chiamare in giudizio per toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. 41E se uno ti costringerà a fare un miglio, tu fanne con lui due. 42Da' a chi ti domanda e a chi desidera da te un prestito non volgere le spalle.
43Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico; 44ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, 45perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti. 46Infatti se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? 47E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? 48Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste.

martedì 9 ottobre 2007

Preghiera del Padre Nostro



IL VANGELO (Lc 11,1-13)


Un giorno Gesù andò in un luogo a pregare. Quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: Signore, insegnaci a pregare. Allora Gesù disse: Quando pregate, dite così:Padre, fa' che tutti ti riconoscano come Dio, fa' che il tuo regno venga.
Dacci ogni giorno il pane necessario, perdonaci i nostri peccati perché anche noi perdoniamoa chi ci ha offeso, e fa' che non cadiamo nella tentazione".Poi disse loro: Supponiamo che uno di voi abbia un amico che a mezzanotte va da lui e gli dice: Amico, prestami tre pani perché è arrivato da me un amico di passaggio e in casa non ho nulla da dargli". Supponiamo pure che quello dall'interno della sua casa gli risponda: "Non darmi fastidio: la porta di casa è già chiusa; io e i miei bambini stiamo già a letto. Non posso alzarmi per darti quello che vuoi". Ebbene, io vi dico: se quel tale non si alzerà a dargli il pane perché gli è amico, lo farà dandogli tutto quel che gli occorre perché l'altro insiste.Perciò io vi dico: Chiedete e riceverete! Cercate e troverete! Bussate e la porta vi sarà aperta. Perché, chiunque chiede riceve; chi cerca trova, a chi bussa sarà aperto.Se vostro figlio vi chiede un pesce, voi gli dareste un serpente? 12Oppure se vi chiede un uovo, voi gli dareste uno scorpione? Dunque, voi che siete cattivi sapete dare cose buone ai vostri figli. A maggior ragione il Padre, che è in cielo, darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono.Parola del Signore.Lode a te, o Cristo.


Padre Nostro

Padre nostro, che sei nei cieli,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno,
sia fatta la tua volontà
come in cielo così in terra.
Dacci oggi
il nostro pane quotidiano,
e rimetti a noi i nostri debiti
come noi li rimettiamo
ai nostri debitori,
e non ci indurre in tentazione,
ma liberaci dal male.
Amen.
Gesù



Pater Noster in Latino
Pater Noster
Pater noster, qui es in caelis:
sanctificetur nomen tuum; adveniat regnum tuum;
fiat voluntas tua, sicut in caelo et in terra.
Panem nostrum quotidianum
da nobis hodie; et dimitte nobis debita
nostra, sicut et nos dimittimus debitoribus nostris;
et ne nos inducas in tentationem, sed libera nos a malo.
Amen.

lunedì 8 ottobre 2007

Le Laudes Creaturararum



Le Laudes creaturarum
Il cantico di Frate sole o cantico delle creature viene considerato il primo testo letterario in volgare. Dalle biografie (Legenda antiqua perusina, Speculum perfectionis) viene riferito che San Francesco scrisse il cantico in tre fasi: la prima parte sarebbe stata composta dopo una notte tormentata, di grandi sofferenze, in cui il santo si sentì tentato dal diavolo; i versi 23-27 sarebbero stati aggiunti in seguito ad una disputa tra il vescovo e il podestà di Assisi e la parte finale risalirebbe a pochi giorni prima della sua morte.
Nonostante le apparenze, il testo non è un’opera ingenua e spontanea ma ha dei precedenti letterari, identificabili nel Vecchio Testamento, in particolare nei Salmi, a cui si rifà la struttura parallelistica del componimento, e nei Vangeli, precisamente nel discorso delle Beatitudini (Matteo 5,3-10; Luca 6,20-23). Consta di versetti di stampo biblico raccolti in lasse irregolari, dai due ai cinque versi ed era rivestito di un accompagnamento musicale attribuito a Francesco stesso, sulla falsariga del canto gregoriano dei salmi.
La lingua è il volgare umbro del sec. XII, in cui sono presenti influssi toscani, francesismi e
latinismi.





domenica 7 ottobre 2007

sabato 6 ottobre 2007

Foto Natura e Fiori

Acqua
Giardini di Ninfa

Valle Unbra


Papaveri nei Campi



Autunno



venerdì 5 ottobre 2007

giovedì 4 ottobre 2007

Come santo Francesco e frate Masseo il pane che aveano accattato puosono in su una pietra allato a una fonte, e santo Francesco lodò molto la povertà




"Capitolo trediciesimo" - (Capitolo XIII)

Come santo Francesco e frate Masseo il pane che aveano accattato puosono in su una pietra allato a una fonte, e santo Francesco lodò molto la povertà. Poi pregò Iddio e santo Pietro e santo Paulo che gli mettesse in amore la santa povertà, e come gli apparve santo Pietro e santo Paulo.






Il maraviglioso servo e seguitatore di Cristo, cioè messere santo Francesco, per conformarsi perfettamente a Cristo in ogni cosa, il quale, secondo che dice il Vangelo, mandò li suoi discepoli a due a due a tutte quelle città e luoghi dov'elli dovea andare; da poi che ad esempio di Cristo egli ebbe radunati dodici compagni, sì li mandò per lo mondo a predicare a due a due. E per dare loro esempio di vera obbidienza, egli in prima incominciò a fare, che 'nsegnare. Onde avendo assegnato a' compagni l'altre partì del mondo, egli prendendo frate Masseo per compagno prese il cammino verso la provincia di Francia. E pervenendo un dì a una villa assai affamati, andarono, secondo la Regola, mendicando del pane per l'amore di Dio; e santo Francesco andò per una contrada, e frate Masseo per un'altra. Ma imperò che santo Francesco era uomo troppo disprezzato e piccolo di corpo, e perciò era riputato un vile poverello da chi non lo conosceva, non accattò se non parecchi bocconi e pezzuoli di pane secco, ma frate Masseo, imperò che era uomo grande e bello del corpo, sì gli furono dati buoni pezzi e grandi e assai e del pane intero.
Accattato ch'egli ebbono, si si raccolsono insieme fuori della villa in uno luogo per mangiare, dov'era una bella fonte, e allato avea una bella pietra larga, sopra la quale ciascuno puose tutte le limosme ch'avea accattate. E vedendo santo Francesco che li pezzi del pane di frate Masseo erano più e più belli e più grandi che li suoi fece grandissima allegrezza e disse così: “O frate Masseo, noi non siamo degni di così grande tesoro”. E ripetendo queste parole più volte, rispose frate Masseo: “Padre, come si può chiamare tesoro, dov'è tanta povertà e mancamento di quelle cose che bisognano? Qui non è tovaglia, né coltello, né taglieri, né scodelle, né casa, né mensa, né fante, né fancella”. Disse santo Francesco: “E questo è quello che io riputo grande tesoro, dove non è cosa veruna apparecchiata per industria umana; ma ciò che ci è, è apparecchiato dalla provvidenza divina, siccome si vede manifestamente nel pane accattato, nella mensa della pietra così bella, e nella fonte così chiara. E però io voglio che 'l tesoro della santa povertà così nobile il quale ha per servidore Iddio, ci faccia amare con tutto il cuore”. E dette queste parole, e fatta orazione e presa la refezione corporale di questi pezzi del pane e di quella acqua, si levarono per camminare in Francia.
E giungendo ad una chiesa, disse santo Francesco al compagno: “Entriamo in questa chiesa ad orare”. E vassene santo Francesco dietro all'altare, e puosesi in orazione, e in quella orazione ricevette dalla divina visitazione sì eccessivo fervore, il quale infiammò sì fattamente l'anima sua ad amore della santa povertà, che tra per lo colore della faccia e per lo nuovo isbadigliare della bocca parea che gittasse fiamme d'amore. E venendo così infocato al compagno gli disse: “A, A, A, frate Masseo, dammi te medesimo”. E così disse tre volte, e nella terza volta santo Francesco levò col fiato frate Masseo in aria, e gittollo dinanzi a sé per ispazio d'una grande asta di che esso frate Masseo ebbe grandissimo stupore. Recitò poi alli compagni che in quello levare e sospignere col fiato il quale gli fece santo Francesco, egli sentì tanta dolcezza d'animo e consolazione dello Spirito Santo, che mai in vita sua non ne sentì tanta. E fatto questo disse santo Francesco: “Compagno mio carissimo, andiamo a santo Pietro e a santo Paulo, e preghiamoli ch'eglino c'insegnino e aiutino a possedere il tesoro ismisurato della santissima povertà imperò ch'ella è tesoro sì degnissimo e sì divino, che noi non siamo degni di possederlo nelli nostri vasi vilissimi, con ciò sia cosa che questa sia quella virtù celestiale, per la quale tutte le cose terrene e transitorie si calcano, e per la quale ogni impaccio si toglie dinanzi all'anima, acciò ch'ella si possa liberamente congiungere con Dio eterno. Questa è quella virtù la quale fa l'anima, ancor posta in terra, conversare in cielo con gli Agnoli. Questa è quella ch'accompagnò Cristo in sulla croce; con Cristo fu soppellita, con Cristo resuscitò, con Cristo salì in cielo; la quale eziandio in questa vita concede all'anime, che di lei innamorano, agevolezza di volare in cielo; con ciò sia cosa ch'ella guardi l'armi della vera umiltà e carità. E però preghiamo li santissimi Apostoli di Cristo, li quali furono perfetti amatori di questa perla evangelica, che ci accattino questa grazia dal nostro Signore Gesù Cristo, che per la sua santissima misericordia ci conceda di meritare d'essere veri amatori, osservatori ed umili discepoli della preziosissima, amatissima ed evangelica povertà”.
E in questo parlare giunsono a Roma, ed entrarono nella chiesa di santo Pietro; e santo Francesco si puose in orazione in uno cantuccio della chiesa, e frate Masseo nell'altro. E stando lungamente in orazione con molte lagrime e divozione, apparvono a santo Francesco li santissimi apostoli Pietro e Paulo con grande splendore, e dissono: “Imperò che tu addimandi e disideri di osservare quello che Cristo e li santi Apostoli osservarono, il nostro Signore Gesù Cristo ci manda a te annunziarti che la tua orazione è esaudita, ed ètti conceduto da Dio a te e a' tuoi seguaci perfettissimamente il tesoro della santissima povertà. E ancora da sua parte ti diciamo, che qualunque a tuo esempio seguiterà perfettamente questo disiderio, egli è sicuro della beatitudine di vita eterna; e tu e tutti i tuoi seguaci sarete da Dio benedetti”. E dette queste parole disparvono, lasciando santo Francesco pieno di consolazione. Il quale si levò dalla orazione e ritornò al suo compagno e domandollo se Iddio gli avea rivelato nulla, ed egli rispuose che no. Allora santo Francesco sì gli disse come li santi Apostoli gli erano appariti e quello che gli aveano rivelato. Di che ciascuno pieno di letizia diterminarono di tornare nella valle di Spulito, lasciando l'andare in Francia. A laude di Gesù Cristo e del poverello Francesco. Amen.

La dolce città di Francesco "Assisi"

Assisi - San Damiano

Assisi - Casa natale di San Francesco


Assisi - Panorama


Assisi - Convento di San Francesco

- Ultimi anni di vita. La morte -

Ultimi anni di vita. La morte
(Legenda maior, XIV,6)


Negli anni seguenti Francesco fu sempre più segnato da molte malattie (soffriva infatti di disturbi al fegato ed alla vista). Varie volte gli furono tentati degli interventi medici per lenirgli le sofferenze, ma inutilmente. Nel giugno 1226, mentre si trovava alle Celle di Cortona, dopo una notte molto tormentata dettò il "Testamento", che vorrebbe fosse sempre legato alla "Regola", in cui esorta l'ordine a non allontanarsi dallo spirito originario.
Nel settembre 1226 Francesco si trovava ad Assisi, nel palazzo del vescovo, dove era stato portato per essere meglio curato. Egli però chiese ed ottenne di voler tornare a morire nel suo "luogo santo" preferito: la Porziuncola. Qui la morte lo accolse la sera del 3 ottobre[16].
Il suo corpo, dopo aver attraversato Assisi ed essere stato portato perfino in San Damiano, per essere mostrato un'ultima volta a Chiara ed alle sue consorelle, venne sepolto nella chiesa di San Giorgio. Da qui la sua salma venne trasferita nell'attuale basilica nel 1230 (quattro anni dopo la sua morte, due anni dopo la canonizzazione).



mercoledì 3 ottobre 2007

martedì 2 ottobre 2007

- Roma Sparita - E. Roesler Franz

Ghetto
Torre Scimmia


Via Consolazione


Farnesina


Pietro in Vincoli


Porta San Paolo



Case Medievali Bonosa


Case degli Anguillara



Campanile in Borgo


Arco Annunziata


Arco Tolomei


Albergo Dell'Orso



Cenni biografici su Ettore Roesler Franz

Ettore Roesler Franz nasce a Roma l’11 maggio 1845 da Luigi e Teresa Biondi. La sua famiglia – di origine tedesca trapiantata nella capitale all’inizio del Settecento – vi aveva fondato il celebre Hotel d’Allemagne tra via Condotti e piazza di Spagna e che ospitò tra gli altri lo scrittore Stendhal, il fratello di Napoleone Luciano, l’ideatore del Canale di Suez Ferdinand de Lesseps, il romanziere inglese William Thackeray, il compositore tedesco Richard Wagner, il critico d’arte e archeologo tedesco Johann Joachim Winckelmann e il poeta tedesco Johann Wolfgang von Goethe. La famiglia Roesler Franz era imparentata con le più aristocratiche famiglie della capitale e fu persino citata in alcuni sonetti di G.G. Belli (L’immasciata buffa). Ettore Roesler Franz fino ai 30 anni si occupa degli affari nell’azienda della sua famiglia, in particolare di una banca la cui attività è documentata dalla fondazione nel 1869 fino al 1936. Con gli uffici in via Condotti, la Banca Roesler Franz Ad. & Figli figurò in posizione primaria fra le banche private, particolarmente numerose nella struttura creditizia romana.Compie gli studi all’Istituto dei Fratelli delle Scuole Cristiane, al Collegio di Propaganda Fide e all’Accademia di San Luca, dove segue corsi di architettura. Dal 1864 al 1872 lavora come segretario presso il Consolato inglese e poi, fino al 1875, nella Banca del fratello Adolfo in via Condotti. Dal 1875 Ettore Roesler Franz inizia a dedicarsi esclusivamente alla pittura e fonda con Nazareno Cipriani la Società degli Acquerellisti di Roma, di cui fu più volte presidente."La sincerità fa l’artista grande" era la scritta che figurava all’ingresso del suo studio di piazza S. Claudio 96, dove l’artista si trasferisce nel 1876 da quello precedente di via del Bufalo 133. Nel 1878 a Parigi presenta due opere all’Esposizione Universale. Dal 1878 al 1881 compie diversi viaggi in Scozia, Lombardia, Venezia e Inghilterra, dove ha modo di approfondire il suo interesse per gli acquerelli che proprio in Gran Bretagna trovano poi i suoi più assidui acquirenti, soprattutto per quanto riguarda le opere della campagna romana. Nel 1882 è presente con 12 acquerelli alla Settima Esposizione della Società degli Acquerellisti di Roma; nel 1883 al Palazzo delle Esposizioni con la prima serie di acquerelli intitolata La memoria di un’era che passa dedicata a Roma. Nel 1885 e nel 1887 partecipa con alcuni dipinti alle mostre londinesi del Royal Institute of Painters in Water Colours. Nel 1888 espone a Berlino; nel 1890 è all’Esposizione di Dresda e Vienna, dove per i suoi acquerelli romani viene premiato con una medaglia d’oro. Nel 1902 partecipa all’Esposizione Italiana di San Pietroburgo; il 6 febbraio 1903 diviene per acclamazione cittadino onorario di Tivoli dove, durante i suoi soggiorni, visse in una casa appartenuta ad Onorato Calandi. Ed ugualmente tiburtino era Adolfo Scarpelli, l’allievo prediletto che lasciò erede del proprio studio. Nel 1894 espone a Londra, nel 1905 alla Biennale di Venezia e nel 1907 partecipa alla LXXVII Esposizione Internazionale di Belle Arti. Deve la sua fama soprattutto alla serie di acquerelli della Roma sparita ma ritrae anche altri luoghi come Tivoli e dintorni, Villa d’Este, Villa Adriana, i Colli Albani, la Via Appia, Ninfa e le paludi pontine.Muore a Roma il 26 marzo 1907 all’età di 62 anni.


Isola Tiberina


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