domenica 30 settembre 2007

"Il Lupo Di Gubbio" Angelo Branduardi





Il Lupo Di Gubbio

Francesco a quel tempo in Gubbio viveva
E sulle vie del contado
Apparve un lupo feroce
Che uomini e bestie straziava
E di affrontarlo nessuno più ardiva.
Di quella gente Francesco ebbe pena,
della loro umana paura,
prese il cammino cercando
il luogo dove il lupo viveva
ed arma con sé lui non portava.
Quando alla fine il lupo trovò
Quello incontro si fece, minaccioso,
Francesco lo fermò e levando la mano: ”Tu Frate Lupo, sei ladro e assassino,
su questa terra portasti paura.
Fra te e questa gente io metterò pace,
il male sarà perdonato
da loro per sempre avrai cibo
e mai più nella vita avrai fame
che più del lupo fa l’Inferno paura!”.
Raccontano che così Francesco parlò
E su quella terra mise pace
E negli anni a venire del lupo
Più nessuno patì.
“Tu Frate Lupo, sei ladro e assassino
ma più del lupo fa l’Inferno paura!”.
Testi di Angelo Branduardi

"La Luna " Angelo Branduardi




La Luna

Un giorno all'improvviso
la luna si stancò
di guardare il mondo di lassù;
prese una cometa,
il volto si velò
e fino in fondo al cielo camminò.
E sorpresa fù
che la bianca distesa non fosse neve.
Eran solo sassi
e i piedi si ferì,
piangendo di nascosto lei fuggì.
Affrontare il mondo a piedi nudi
non si può
e dall'alto a spiarlo lei restò.
E sorpresa non è più
che la bianca distesa
non sia neve.
Testo di Angelo Branduardi

sabato 29 settembre 2007

S. Francesco e Dante



San Francesco e Dante


Dante Alighieri dedica non pochi versi alla figura di Francesco: siamo nel Canto XI del Paradiso, Dante si trova nel cerchio degli spiriti sapienti dove, tra gli altri, è presente anche Tommaso d’Aquino. È proprio a quest’ultimo che Dante fa proferire l’elogio di Francesco, elogio profondo, allegorico e ricco di suggestioni (vv. 43-117).
L’elogio non si riduce ad una semplice biografia, né ricalca la ricca aneddotica, colorita ed incantevole, già solida e conosciuta ai tempi di Dante. Anzi, a onor del vero, la biografia si riduce all’essenziale: la nascita è raccontata con una complessa indicazione geografica, è seguita poi da pochi accenni alla conversione, dalla “guerra” col padre, e subito si arriva alle nozze con la Povertà. I versi proseguono narrando del formarsi dell’originario gruppo di discepoli, delle udienze ottenute da Francesco, prima con papa Innocenzo e poi con Onofrio, che diedero sigillo a sua religïone e corona alla sua santa voglia. Il racconto prosegue con cenni al viaggio in Oriente, all’eremitaggio e alle stigmate ricevute sul monte Verna, per chiudersi col ritorno di quest’anima preclara a Dio, con la morte in umiltà e la sepoltura nella nuda terra.
Centrale in questo canto, come nella vita di Francesco, è l’immagine dell’amore tra il giovane e la Povertà, con le loro “nozze mistiche” dinanzi alla spiritual corte et coram patre, l’immagine dell’amore per una tale donna a cui, come a la morte, la porta del piacer nessun diserra. Morte che, in quanto creatura di Dio, Francesco amava e rispettava come fosse sua sorella.
Come nota Auerbach: a questo per l’appunto serve l’allegoria della povertà: essa fa un tutto unico della missione del santo e dell’atmosfera particolare alla sua persona. In quanto donna di Francesco, la povertà possiede una realtà concreta, ma poiché Cristo fu il suo primo sposo, così la realtà concreta, di cui si tratta, è nello stesso tempo parte d’una grande concezione storica e dogmatica. Paupertas unisce Francesco con Cristo, stabilisce la posizione del santo quale imitator Christi.


San Francesco e Dante




Dante Alighieri Divina Commedia



P a r a d i s o C a n t o X I

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O insensata cura de' mortali,quanto son difettivi silogismiquei che ti fanno in basso batter l'ali! Chi dietro a iura e chi ad amforismi



Canto XI, nel quale il detto frate in gloria di san Francesco sotto brevitate racconta la sua vita tutta, e riprende i suoi frati, ché pochi sono quelli che 'l seguitino.


O insensata cura de' mortali,quanto son difettivi silogismiquei che ti fanno in basso batter l'ali! Chi dietro a iura e chi ad amforismi
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sen giva, e chi seguendo sacerdozio,e chi regnar per forza o per sofismi, e chi rubare e chi civil negozio,chi nel diletto de la carne involtos'affaticava e chi si dava a l'ozio,
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quando, da tutte queste cose sciolto,con Bëatrice m'era suso in cielocotanto glorïosamente accolto. Poi che ciascuno fu tornato ne lopunto del cerchio in che avanti s'era,
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fermossi, come a candellier candelo. E io senti' dentro a quella lumerache pria m'avea parlato, sorridendoincominciar, faccendosi più mera: «Così com' io del suo raggio resplendo,
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sì, riguardando ne la luce etterna,li tuoi pensieri onde cagioni apprendo. Tu dubbi, e hai voler che si ricernain sì aperta e 'n sì distesa lingualo dicer mio, ch'al tuo sentir si sterna,
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ove dinanzi dissi: "U' ben s'impingua",e là u' dissi: "Non nacque il secondo";e qui è uopo che ben si distingua. La provedenza, che governa il mondocon quel consiglio nel quale ogne aspetto
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creato è vinto pria che vada al fondo, però che andasse ver' lo suo dilettola sposa di colui ch'ad alte gridadisposò lei col sangue benedetto, in sé sicura e anche a lui più fida,
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due principi ordinò in suo favore,che quinci e quindi le fosser per guida. L'un fu tutto serafico in ardore;l'altro per sapïenza in terra fuedi cherubica luce uno splendore.
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De l'un dirò, però che d'amenduesi dice l'un pregiando, qual ch'om prende,perch' ad un fine fur l'opere sue. Intra Tupino e l'acqua che discendedel colle eletto dal beato Ubaldo,
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fertile costa d'alto monte pende, onde Perugia sente freddo e caldoda Porta Sole; e di rietro le piangeper grave giogo Nocera con Gualdo. Di questa costa, là dov' ella frange
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più sua rattezza, nacque al mondo un sole,come fa questo talvolta di Gange. Però chi d'esso loco fa parole,non dica Ascesi, ché direbbe corto,ma Orïente, se proprio dir vuole.
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Non era ancor molto lontan da l'orto,ch'el cominciò a far sentir la terrade la sua gran virtute alcun conforto; ché per tal donna, giovinetto, in guerradel padre corse, a cui, come a la morte,
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la porta del piacer nessun diserra; e dinanzi a la sua spirital corteet coram patre le si fece unito;poscia di dì in dì l'amò più forte. Questa, privata del primo marito,
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millecent' anni e più dispetta e scurafino a costui si stette sanza invito; né valse udir che la trovò sicuracon Amiclate, al suon de la sua voce,colui ch'a tutto 'l mondo fé paura;
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né valse esser costante né feroce,sì che, dove Maria rimase giuso,ella con Cristo pianse in su la croce. Ma perch' io non proceda troppo chiuso,Francesco e Povertà per questi amanti
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prendi oramai nel mio parlar diffuso. La lor concordia e i lor lieti sembianti,amore e maraviglia e dolce sguardofacieno esser cagion di pensier santi; tanto che 'l venerabile Bernardo
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si scalzò prima, e dietro a tanta pacecorse e, correndo, li parve esser tardo. Oh ignota ricchezza! oh ben ferace!Scalzasi Egidio, scalzasi Silvestrodietro a lo sposo, sì la sposa piace.
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Indi sen va quel padre e quel maestrocon la sua donna e con quella famigliache già legava l'umile capestro. Né li gravò viltà di cuor le cigliaper esser fi' di Pietro Bernardone,
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né per parer dispetto a maraviglia; ma regalmente sua dura intenzionead Innocenzio aperse, e da lui ebbeprimo sigillo a sua religïone. Poi che la gente poverella crebbe
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dietro a costui, la cui mirabil vitameglio in gloria del ciel si canterebbe, di seconda corona redimitafu per Onorio da l'Etterno Spirola santa voglia d'esto archimandrita.
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E poi che, per la sete del martiro,ne la presenza del Soldan superbapredicò Cristo e li altri che 'l seguiro, e per trovare a conversione acerbatroppo la gente e per non stare indarno,
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redissi al frutto de l'italica erba, nel crudo sasso intra Tevero e Arnoda Cristo prese l'ultimo sigillo,che le sue membra due anni portarno. Quando a colui ch'a tanto ben sortillo
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piacque di trarlo suso a la mercedech'el meritò nel suo farsi pusillo, a' frati suoi, sì com' a giuste rede,raccomandò la donna sua più cara,e comandò che l'amassero a fede;
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e del suo grembo l'anima preclaramover si volle, tornando al suo regno,e al suo corpo non volle altra bara. Pensa oramai qual fu colui che degnocollega fu a mantener la barca
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di Pietro in alto mar per dritto segno; e questo fu il nostro patrïarca;per che qual segue lui, com' el comanda,discerner puoi che buone merce carca. Ma 'l suo pecuglio di nova vivanda
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è fatto ghiotto, sì ch'esser non puoteche per diversi salti non si spanda; e quanto le sue pecore remotee vagabunde più da esso vanno,più tornano a l'ovil di latte vòte.
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Ben son di quelle che temono 'l dannoe stringonsi al pastor; ma son sì poche,che le cappe fornisce poco panno. Or, se le mie parole non son fioche,se la tua audïenza è stata attenta,
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se ciò ch'è detto a la mente revoche, in parte fia la tua voglia contenta,perché vedrai la pianta onde si scheggia,e vedra' il corrègger che argomenta "U' ben s'impingua, se non si vaneggia"».









La vita di san Francesco negli affreschi di Giotto


La fascia inferiore della navata della Basilica superiore è occupata dal ciclo di affreschi più famoso, quello sulla Vita di san Francesco: 28 scene tratte dalla Legenda maior di san Bonaventura che, alla fine del XIII secolo, costituiva la biografia ufficiale del Santo.
Il Vasari riporta che gli affreschi furono terminati da Giotto, chiamato ad Assisi dopo il 1296 da Giovanni da Murlo, generale dell'Ordine. La paternità a Giotto di tutto il ciclo è contestata da molti studiosi. È accertato che l'esecuzione del primo affresco e degli ultimi tre siano da attribuire ad un allievo, il cosiddetto Maestro della Santa Cecilia. Altri studiosi sostengono la mano di Giotto nella maggior parte delle scene e giustificano le variazioni stilistiche con la maturazione formale dello stesso autore unita all'aiuto dei numerosi allievi di bottega.Unanime, invece, è l'attribuzione ad una sola mente dell'impianto generale e dei disegni preparatori
Le storie
Le storie, ognuna con il suo titolo in basso, sono ambientate nel mondo medievale della fine del XIII secolo. I personaggi si muovono all'interno di splendidi paesaggi cittadini e rurali con un formidabile senso realistico. Gli episodi, inoltre, racchiusi all'interno di un finto portico, trasmettono l'effetto illusionistico di uno sfondato spaziale che oltrepassa le pareti della chiesa. Le storie del Poverello non iniziano dalla nascita, ma dalla giovinezza; la sequenza narrativa procede dalla prima scena della navata destra e termina con la ventottesima della navata sinistra.
Secondo i più recenti studi, il ciclo di Assisi sembra essere suddiviso in tre gruppi distinti: il primo e l'ultimo di sette quadri ciascuno, il mediano di sette coppie, quattordici in tutto. I primi sette episodi rappresentano l'iter della conversione di San Francesco sino all'approvazione della regola. Il gruppo centrale, considerato evidentemente il principale, mostra tutto lo sviluppo dell'Ordine con San Francesco, sino alla sua morte. Gli ultimi sette sono le esequie e la canonizzazione del Santo, compresi i miracoli post mortem ritenuti necessari a questa. Nel primo gruppo San Francesco è senza l'Ordine, nel secondo è insieme all'Ordine, nel terzo è l'Ordine che prosegue l'opera di San Francesco.
La sequenza narrativa della Vita di san Francesco

1) Francesco onorato da uomo semplice (Legenda maior, I,1)
2) Francesco dona il mantello a un povero (Legenda maior, I,2). Il colore bianco del cavallo e delle colonne è diventato nero per effetto dell'ossidazione del colore dovuta ad umidità
3) Il sogno delle armi (Legenda maior, I,3)
4) Preghiera in San Damiano (Legenda maior, II,1)
5) Francesco rinuncia ai beni terreni (Legenda maior, II,1). Le persone sono divise in due gruppi ben definiti, rappresentanti il passato e il futuro di Francesco; il giovane è ritratto a mani alzate verso la mano di Dio che appare in alto.
6) Sogno di Innocenzo III (Legenda maior, III,10). Durante un sogno il Papa vede l'umile Francesco che regge la Basilica del Laterano.
7) Innocenzo III conferma la Regola francescana (Legenda maior, III,10)
8) Apparizione di Francesco su un carro di fuoco (Legenda maior, IV,4)
9) Visione dei troni (Legenda maior, VI,6)
10) Cacciata dei diavoli da Arezzo (Legenda maior, VI,9)
11) Francesco davanti al Sultano (Legenda maior, IX,8). Francesco è sottoposto alla prova del fuoco; davanti a lui i preziosi regali donatigli dal sultano Melek el Kamel che, però, il frate rifiuta
12) Francesco in estasi (Legenda maior, X,4)
13) Il Natale di Greccio (Legenda maior, X,7). Anche se le fonti indicano che il fatto è avvenuto a Greccio, nel reatino, l'ambientazione ricorda la Basilica inferiore di Assisi.
14) Il miracolo della sorgente (Legenda maior, VII,12)
15) La predica agli uccelli (Legenda maior, XII,3)
16) Morte del cavaliere di Celano (Legenda maior, XI,4)
17) Predica davanti ad Onorio III (Legenda maior, XII,7)
18) San Francesco appare al Capitolo di Arles (Legenda maior, IV,10)
19) Francesco riceve le stimmate (Legenda maior, XIII,3)
20) Morte di San Francesco (Legenda maior, XIV,6)
21) Visioni di frate Agostino e del Vescovo di Assisi (Legenda maior, XIV,6)
22) Girolamo esamina le stimmate (Legenda maior, XV,4)
23) Saluto di Chiara e delle sue compagne a Francesco (Legenda maior, XV,5)
24) Canonizzazione di San Francesco (Luglio 1228, bolla papale Mira circa nos)
25) Francesco appare a Gregorio IX (Legenda maior, Mir. II,1)
26) Guarigione dell'uomo di Ilerda (Legenda maior, Mir. I,5)
27) Confessione della donna resuscitata (Legenda maior, Mir. II,1)
28) Francesco libera l'eretico Pietro di Alife (Legenda maior, Mir. V,4)

venerdì 28 settembre 2007

Il Lupo di Gubbio (tra fiaba e realtà)


- Il Lupo di Gubbio -
San Francesco e il Lupo di Gubbio
(Disegno di Richard Egielski).

Francesco, giunto un giorno nella città di Gubbio, apprese con dolore che la popolazione era spaventata, a causa di un grosso lupo e feroce che si aggirava nei dintorni e faceva strage di animali e persino di uomini . Egli ebbe compassione di quella gente e, ispirato dal Signore, andò, solo ed inerme, ad affrontarlo. Quando la bestia gli apparve, si fece il segno della Croce e, tenendogli le braccia, disse: « Frate lupo, vieni qui da me; io ti comando da parte di Cristo che tu non faccia male né a me, né ad alcuno». Immediatamente il lupo si accostò a lui.La folla che spiava da lontano tra il fogliame, tratteneva il respiro, mentre Francesco, chinato sul lupo, così parlò: «Frate lupo, hai fatto molti danni da queste parti, assalendo le creature del Signore e persino gli uomini , fatti ad immagine di Dio. Per questo ti meriti la forca, come ladro e assassino. La gente grida contro di te e ti è nemica. Ma io voglio, o frate lupo, che si faccia pace fra te e costoro». Il lupo, come se comprendesse quelle parole, chinando il capo e agitando festosamente la coda, mostrava di accettare la proposta.Francesco allora, volle precisare bene l’impegno, e aggiunse: « Frate lupo, poiché ti piace fare e mantenere questa pace, io ti prometto di farti dare gli alimenti ogni giorno, finchè vivrai, dagli uomini di queste terre, sicchè non patirai più la fame». Il lupo, rizzandosi in piedi, alzò la zampa anteriore e, in segno di fede, la pose nella mano del Santo, che la strinse felice e sorridente, fra lo sbalordimento e le lacrime dei presenti.Da quel giorno la bestia, ammansita, entrava nelle case e riceveva cibo abbondante.”

Francesco tra fiaba e realtà Pierino e il Lupo di di Sergej Sergeevic Prokofiev




- MUSICA FANTASTICA
- PIERINO E IL LUPO -
di Sergej Sergeevic Prokofiev


Scrisse la fantasia musicale “Pierino e il lupo” con l’intenzione di rendere più accessibile la musica ai bambini e per questo musicò una favola scritta da lui stesso, il cui testo viene recitato da un narratore, mentre i personaggi vengono di volta in volta presentati insieme agli strumenti e ai temi musicali che li caratterizzano.

Così Pierino è rappresentanto da un quartetto d’archi, l’uccellino Sasha da un flauto molto alto, Sonia l’anatra dall’oboe, il gatto Ivan da un clarinetto dal registro molto basso, il Nonno è il fagotto, il Lupo è rappresentato dai corni e gli spari dei cacciatori sono resi da timpani e grancassa.

La storia comincia nella capanna il cui Pierino vive con il nonno. Il ragazzino sogna di catturare un feroce lupo che si aggira nella foresta, terrorizzando gli abitanti del villaggio, ma naturalmente il nonno glielo impedisce, cercando di spaventarlo.
Pierino però non si arrende e, approfittando che il nonno si è appisolato davanti al fuoco, esce di soppiatto nella neve, armato del suo fucile giocattolo.
Camminando circospetto, si imbatte in Sasha, un uccellino piuttosto intraprendente, che decide di accompagnarlo.
I due procedono, addentrandosi sempre più nella foresta, quando improvvisamente avvertono un rumore…sarà il lupo?
Per fortuna è solo Sonia, un’anatra un po’ svanita che subito decide di unirsi a loro nella battuta di caccia.
Avanzano in fila indiana nella neve che si fa sempre più alta e fitta e ogni ombra attorno si agita minacciosa, ma i tre compari proseguono coraggiosamente il loro cammino.
Mentre costeggiano un tetro canneto, l’erba alta ondeggia con un fruscio sospetto e improvvisamente quatto quatto appare…Ivan il gatto, che sta facendo la posta all’uccellino svolazzante!
Visto che gli amici gli impediscono di acchiapparlo per trasformarlo in un gustoso spuntino, decide anch’egli di seguirli alla ricerca del feroce lupo.

I Fioretti di San Francesco - Capitolo secondo.



Capitolo secondo.

Di frate Bernardo da Quintavalle primo compagno di santo Francesco.
Il primo compagno di santo Francesco si fu frate Bernardo d'Ascesi, il quale si convertì a questo modo: che essendo Francesco ancora in abito secolare, benché già esso avesse disprezzato il mondo e andando tutto dispetto e mortificato per la penitenza intanto che da molti era reputato stolto, e come era schernito e scacciato con pietre e con fastidio fangoso dalli parenti e dalli strani ed egli in ogni ingiuria e ischerno passandosi paziente come sordo e muto; messere Bernardo d'Ascesi, il quale era de' più nobili e de' più savi della città, cominciò a considerare saviamente in santo Francesco il così eccessivo dispregio del mondo, la grande pazienza nelle ingiurie, che già per due anni così abbominato e disprezzato da ogni persona sempre parea più costante e paziente, cominciò a pensare e a dire fra sé medesimo: Per nessuno modo puote che questo Francesco non abbia grande grazia di Dio. E sì lo invitò la sera a cena e albergo; e santo Francesco accettò e cenò la sera con lui e albergò.
E allora, cioè messere Bernardo, si puose in cuore di contemplare la sua santità: ond'egli gli fece apparecchiare un letto nella sua camera propria nella quale di notte sempre ardea una lampana. E santo Francesco, per celare la santità sua immantanente come fu entrato in camera si gittò in sul letto e fece vista di dormire, e messere Bernardo similmente, dopo alcuno spazio, si puose a giaciere, e incominciò a russare forte a modo come se dormisse molto profondamente. Di che santo Francesco, credendo veramente che messere Bernardo dormisse, in sul primo sonno si levò dal letto e puosesi in orazione, levando gli occhi e le mani al cielo, e con grandissima divozione e fervore diceva: “Iddio mio, Iddio mio”, e così dicendo e forte lagrimando istette infino al mattutino, sempre ripetendo: “Iddio mio, Iddio mio”, e non altro. E questo dicea santo Francesco contemplando e ammirando la eccellenza della divina Maestà, la quale degnava di condescendere al mondo che periva, e per lo suo Francesco poverello disponea di porre rimedio di salute dell'anima sua e degli altri; e però alluminato di Spirito Santo, ovvero di spirito profetico, prevedendo le grandi cose che Iddio doveva fare mediante lui e l'Ordine suo, e considerando la sua insufficienza e poca virtù, chiamava e pregava Iddio, che colla sua pietà e onnipotenza, senza la quale niente può l'umana fragilità, supplesse, aiutasse e compiesse quello per sé non potea. Veggendo messere Bernardo per lo lume della lampana gli atti divotissimi di santo Francesco, e considerando divotamente le parole che dicea, fu toccato e ispirato dallo Spirito Santo a mutare la vita sua.
Di che, fatta la mattina, chiamò santo Francesco e disse così: “Frate Francesco, io ho al tutto disposto nel cuore mio d'abbandonare il mondo e seguitare te in ciò che tu mi comanderai”. Udendo questo, santo Francesco si rallegrò in ispirito e disse così: “Messere Bernardo, questo che voi dite è opera sì grande e malagevole, che di ciò si vuole richiedere consiglio al nostro Signore Gesù Cristo e pregarlo che gli piaccia di mostrarci sopra a ciò la sua volontà ed insegnarci come questo noi possiamo mettere in esecuzione. E però andiamo insieme al vescovado dov'è un buono prete, e faremo dire la messa e poi staremo in orazione infino a terza, pregando Iddio che 'nfino alle tre apriture del messale ci dimostri la via ch'a lui piace che noi eleggiamo”. Rispuose messere Bernardo che questo molto gli piacea; di che allora si mossono e andarono al vescovado. E poi ch'ebbono udita la messa e istati in orazione insino a terza, il prete a' preghi di santo Francesco, preso il messale e fatto il segno della santissima croce, si lo aperse nel nome del nostro Signore Gesù Cristo tre volte: e nella prima apritura occorse quella parola che disse Cristo nel Vangelo al giovane che domandò della via della perfezione: Se tu vuogli essere perfetto, va' e vendi ciò che tu hai e da' a' poveri e seguita me. Nella seconda apritura occorse quella parola che disse Cristo agli Apostoli, quando li mandò a predicare: Non portate nessuna cosa per via, né bastone né tasca, né calzamenti né danari; volendo per questo ammaestrarii che tutta la loro isperanza del vivere dovessono portare in Dio, ed avere tutta la loro intenzione a predicare il santo Vangelo. Nella terza apritura del messale occorse quella parola che Cristo disse: Chi vuole venire dopo me, abbandoni se medesimo, e tolga la croce sua e seguiti me. Allora disse santo Francesco a messere Bernardo: “Ecco il consiglio che Cristo ci dà: va' adunque e fa' compiutamente quello che tu hai udito; e sia benedetto il nostro Signore Gesù Cristo, il quale ha degnato di mostrarci la sua vita evangelica”. Udito questo, si partì messere Bernardo, e vendé ciò ch'egli avea (ed era molto ricco), e con grande allegrezza distribuì ogni cosa a' poveri, a vedove; a orfani, a prigioni, a monisterii e a spedali; e in ogni cosa santo Francesco fedelmente e providamente l'aiutava.
E vedendo uno, ch'avea nome messere Salvestro, che santo Francesco dava tanti danari a poveri e facea dare, stretto d'avarizia disse a santo Francesco: “Tu non mi pagasti interamente di quelle pietre che tu comperasti da me per racconciare la chiesa, e però, ora che tu hai danari, pagami”. Allora santo Francesco, maravigliandosi della sua avarizia e non volendo contendere con lui, siccome vero osservatore del santo Vangelo, mise le mani in grembo di messere Bernardo, e piene le mani di danari, li mise in grembo di messere Salvestro, dicendo che se più ne volesse, più gliene darebbe. Contento messere Salvestro di quelli, si partì e tornossi a casa; e la sera, ripensando di quello ch'egli aveva fatto il dì, e riprendendosi della sua avarizia, considerando il fervore di messere Bernardo e la santità di santo Francesco, la notte seguente e due altre notti ebbe da Dio una cotale visione, che della bocca di santo Francesco usciva una croce d'oro, la cui sommità toccava il cielo, e le braccia si distendevano dall'oriente infino all'occidente. Per questa visione egli diede per Dio ciò ch'egli avea, e fecesi frate Minore, e fu nell'Ordine di tanta santità e grazia, che parlava con Dio, come fa l'uno amico con l'altro, secondo che santo Francesco più volte provò, e più giù si dichiarerà.
Messere Bernardo similmente si ebbe tanta grazia di Dio, ch'egli spesso era ratto in contemplazione a Dio; e santo Francesco dicea di lui ch'egli era degno di ogni reverenza e ch'egli avea fondato quest'Ordine; imperò ch'egli era il primo che avea abbandonato il mondo, non riserbandosi nulla, ma dando ogni cosa a' poveri di Cristo, e cominciata la povertà evangelica, offerendo sé ignudo nelle braccia del Crocifisso.
Il quale sia da noi benedetto in saecula saeculorum. Amen.

I Fioretti di San Francesco - Capitolo primo.















Indice
Capitolo I.

Al nome del nostro Signor Gesù Cristo crocifisso e della sua Madre Vergine Maria. In questo libro si contengono certi fioretti, miracoli ed esempi divoti del glorioso poverello di Cristo messer santo Francesco e d'alquanti suoi santi compagni. A laude di Gesù Cristo. Amen.Al nome del nostro Signore Gesù Cristo crocifisso e della sua Madre Vergine Maria. In questo libro si contengono certi fioretti miracoli ed esempi divoti del glorioso poverello di Cristo messer santo Francesco e d'alquanti suoi santi compagni. A laude di Gesù Cristo. Amen.


In prima è da considerare che 'l glorioso messere santo Francesco in tutti gli atti della vita sua fu conforme a Cristo benedetto: ché come Cristo nel principio della sua predicazione elesse dodici Apostoli a dispregiare ogni cosa mondana, a seguitare lui in povertà e nell'altre virtù; così santo Francesco elesse dal principio del fondamento dell'Ordine dodici compagni possessori dell'altissima povertà. E come un de' dodici Apostoli, il quale si chiamò Iuda Scariotto, apostatò dello apostolato, tradendo Cristo, e impiccossi se medesimo per la gola: così uno de' dodici compagni di santo Francesco, ch'ebbe nome frate Giovanni dalla Cappella, apostatò e finalmente s'impiccò se medesimo per la gola. E questo agli eletti è grande esempio e materia di umiltà e di timore, considerando che nessuno è certo perseverare infino alla fine nella grazia di Dio. E come que' santi Apostoli furono a tutto il mondo maravigliosi di santità e d'umiltà, e pieni dello Spirito Santo; così que' santi compagni di santo Francesco furono uomini di tanta santità, che dal tempo degli Apostoli in qua il mondo non ebbe così maravigliosi e santi uomini: imperò ch'alcuno di loro fu ratto infino al terzo Cielo come Santo Paulo, e questo fu frate Egidio; alcuno di loro, cioè fra Filippo Lungo, fu toccato le labbra dall'Agnolo col carbone del fuoco come Isaia profeta, alcuno di loro, ciò fu frate Silvestro, che parlava con Dio come l'uno amico coll'altro, a modo che fece Moisè; alcuno volava per sottilità d'intelletto infino alla luce della divina sapienza come l'aquila, cioè Giovanni evangelista, e questo fu frate Bernardo umilissimo il quale profondissimamente esponea la Scrittura santa: alcuno di loro fu santificato da Dio e canonizzato in Cielo vivendo egli ancora nel mondo, e questo fu frate Ruffino gentile uomo d'Ascesi; e così furono tutti privilegiari di singolare segno di santità, siccome nel processo si dichiara.

- Firenze Panorama -


- Il Cupolone e il Palazzo Vecchio -


I Fioretti di San Francesco - Capitolo primo.




I Fioretti di San Francesco




I Fioretti sono una raccolta di episodi che coprono un arco temporale di 110 anni, dove assieme a Francesco, il protagonista, compaiono le storie dei suoi primi compagni e discepoli, fino a Giovanni della Verna, morto nel 1322. I racconti ci presentano il "cavaliere della povertà", che preferisce pochi tozzarelli di pane e acqua di fonte a una mensa di corte; sono quadretti che ci presentano il grande contemplativo, che veglia la notte in preghiera, che s'inselva nella foresta delle Carceri e della Verna per elevarsi a Dio. Sono storie che ci presentano anche un Francesco duro con sé e con gli altri, capace di rimproverare i suoi discepoli e di rispondere al diavolo con violenza; un Francesco che sfida il rogo per sete di martirio e di purezza.

domenica 23 settembre 2007

Predica agli Uccelli


Anonimo – I Fioretti di San Francesco
Capitolo sedicesimo



Come santo Francesco ricevuto il consiglio di santa Chiara e del santo frate Silvestro, che dovesse predicando convertire molta gente, e' fece il terzo Ordine e predicò agli uccelli e fece stare quete le rondini.


L'umile servo di Cristo santo Francesco, poco tempo dopo la sua conversione, avendo già radunati molti compagni e ricevuti all'Ordine, entrò in grande pensiero e in grande dubitazione di quello che dovesse fare: ovvero d'intendere solamente ad orare, ovvero alcuna volta a predicare, e sopra ciò disiderava molto di sapere la volontà di Dio. E però che la santa umiltà, ch'era in lui, non lo lasciava presumere di sé né di sue orazioni, pensò di cercarne la divina volontà con le orazioni altrui. Onde egli chiamò frate Masseo e dissegli così: «Va' a suora Chiara e dille da mia parte ch'ella con alcune delle più spirituali compagne divotamente preghino Iddio, che gli piaccia dimostrarmi qual sia il meglio; ch'io intenda a predicare o solamente all'orazione. E poi va' a frate Silvestro e digli il simigliante». Quello era stato nel secolo messere Silvestro, il quale avea veduto una croce d'oro procedere dalla bocca di santo Francesco, la quale era lunga insino al cielo e larga insino alla stremità del mondo; ed era questo frate Silvestro di tanta divozione e di tanta santità, che di ciò che chiedeva a Dio, e' impetrava ed era esaudito, e spesse volte parlava con Dio, e però santo Francesco avea in lui grande divozione.
Andonne frate Masseo e, secondo il comandamento di santo Francesco, fece l'ambasciata prima a santa Chiara e poi a frate Silvestro. Il quale, ricevuta che l'ebbe, immantenente si gittò in orazione e orando ebbe la divina risposta, e tornò frate Masseo e disse così: «Questo dice Iddio che tu dica a frate Francesco: che Iddio non l'ha chiamato in questo stato solamente per sé, ma acciò che faccia frutto delle anime e molti per lui sieno salvati». Avuta questa risposta, frate Masseo tornò a santa Chiara a sapere quello ch'ella avea impetrato da Dio. Ed ella rispuose ch'ella e l'altre compagne aveano avuta da Dio quella medesima risposta, la quale avea avuto frate Silvestro.
Con questo ritorna frate Masseo a santo Francesco, e santo Francesco il riceve con grandissima carità, lavandogli li piedi e apparecchiandogli desinare. E dopo 'l mangiare, santo Francesco chiamò frate Masseo nella selva e quivi dinanzi a lui s'inginocchia e trassesi il cappuccio, facendo croce delle braccia, e domandollo: «Che comanda ch'io faccia il mio Signore Gesù Cristo?». Risponde frate Masseo: «Sì a frate Silvestro e sì a suora Chiara colle suore, che Cristo avea risposto e rivelato che la sua volontà si è che tu vada per lo mondo a predicare, però ch'egli non t'ha eletto pure per te solo ma eziandio per salute degli altri». E allora santo Francesco, udito ch'egli ebbe questa risposta e conosciuta per essa la volontà di Cristo, si levò su con grandissimo fervore e disse: «Andiamo al nome di Dio». E prende per compagno frate Masseo e frate Agnolo, uomini santi.
E andando con empito di spirito, sanza considerare via o semita, giunsono a uno castello che si chiamava Savurniano. E santo Francesco si puose a predicare, e comandò prima alle rondini che tenessino silenzio infino a tanto ch'egli avesse predicato. E le rondini l'ubbidirono. Ed ivi predicò in tanto fervore che tutti gli uomini e le donne di quel castello per divozione gli volsono andare dietro e abbandonare il castello; ma santo Francesco non lasciò, dicendo loro: «Non abbiate fretta e non vi partite, ed io ordinerò quello che vo' dobbiate fare per salute dell'anime vostre». E allora pensò di fare il terzo ordine per universale salute di tutti. E così lasciandoli molto consolati bene disposti a penitenza, si partì quindi e venne tra Cannaio e Bevagno.
E passando oltre con quello fervore, levò gli occhi e vide alquanti arbori allato alla via, in su' quali era quasi infinita moltitudine d'uccelli; di che santo Francesco si maravigliò e disse a' compagni: «Voi m'aspetterete qui nella via, e io andrò a predicare alle mie sirocchie uccelli». E entrò nel campo e cominciò a predicare alli uccelli ch'erano in terra; e subitamente quelli ch'erano in su gli arbori se ne vennono a lui insieme tutti quanti e stettono fermi, mentre che santo Francesco compiè di predicare, e poi anche non si partivano infino a tanto ch'egli diè loro la benedizione sua. E secondo che recitò poi frate Masseo a frate Jacopo da Massa, andando santo Francesco fra loro, toccandole colla cappa, nessuna perciò si movea. La sustanza della predica di santo Francesco fu questa: «Sirocchie mie uccelli, voi siete molto tenute a Dio vostro creatore, e sempre e in ogni luogo il dovete laudare, imperò che v'ha dato la libertà di volare in ogni luogo; anche v'ha dato il vestimento duplicato e triplicato; appresso, perché elli riserbò il seme di voi in nell'arca di Noè, acciò che la spezie vostra non venisse meno nel mondo; ancora gli siete tenute per lo elemento dell'aria che egli ha deputato a voi. Oltre a questo, voi non seminate e non mietete, e Iddio vi pasce e davvi li fiumi e le fonti per vostro bere, e davvi li monti e le valli per vostro refugio, e gli alberi alti per fare li vostri nidi. E con ciò sia cosa che voi non sappiate filare né cucire, Iddio vi veste, voi e' vostri figliuoli. Onde molto v'ama il vostro Creatore, poi ch'egli vi dà tanti benefici, e però guardatevi, sirocchie mie, del peccato della ingratitudine, e sempre vi studiate di lodare Iddio». Dicendo loro santo Francesco queste parole, tutti quanti quelli uccelli cominciarono ad aprire i becchi e distendere i colli e aprire l'alie e riverentemente inchinare li capi infino in terra, e con atti e con canti dimostrare che 'l padre santo dava loro grandissimo diletto. E santo Francesco con loro insieme si rallegrava e dilettava, e maravigliavasi molto di tanta moltitudine d'uccelli e della loro bellissima varietà e della loro attenzione e famigliarità; per la qual cosa egli in loro divotamente lodava il Creatore. Finalmente compiuta la predicazione, santo Francesco fece loro il segno della Croce e diè loro licenza di partirsi; e allora tutti quelli uccelli si levarono in aria con maravigliosi canti, e poi secondo la Croce ch'avea fatta loro santo Francesco si divisono in quattro partì; e l'una parte volò inverso l'oriente e l'altra parte verso occidente, e l'altra parte verso lo meriggio, e la quarta parte verso l'aquilone, e ciascuna schiera n'andava cantando maravigliosi canti; in questo significando che come da santo Francesco gonfaloniere della Croce di Cristo era stato a loro predicato e sopra loro fatto il segno della Croce, secondo il quale egli si divisono in quattro partì del mondo; così la predicazione della Croce di Cristo rinnovata per santo Francesco si dovea per lui e per li suoi frati portare per tutto il mondo; li quali frati, a modo che gli uccelli, non possedendo nessuna cosa propria in questo mondo, alla sola provvidenza di Dio commettono la lor vita.
A laude di Gesù Cristo e del poverello Francesco. Amen.

Lodi di Dio Altissimo



Lodi di Dio Altissimo


Tu sei santo, Signore Iddio unico, che fai cose stupende
Tu sei forte
Tu sei grande
Tu sei altissimo
Tu sei Re onnipotente
Tu sei il Padre Santo, Re del cielo e della terra
Tu sei trino ed uno, Signore Iddio degli dei
Tu sei il bene, tutto il bene, il sommo bene Signore Iddio vivo e vero
Tu sei amore, carità
Tu sei sapienza
Tu sei umiltà
Tu sei pazienza
Tu sei bellezza
Tu sei sicurezza
Tu sei pace
Tu sei gaudio e letizia
Tu sei la nostra speranza
Tu sei giustizia
Tu sei temperanza
Tu sei tutta la nostra ricchezza
Tu sei bellezza
Tu sei mitezza,
Tu sei il protettore
Tu sei custode e il difensore nostro
Tu sei fortezza,
Tu sei rifugio
Tu sei la nostra speranza
Tu sei la nostra fede
Tu se la nostra carità
Tu sei tutta la nostra dolcezza
Tu sei la nostra vita eterna, grande e ammirabile
Signore, Dio onnipotente, misericordioso Salvatore.

San Francesco D'Assisi

sabato 22 settembre 2007

Fonti del Clitunno - Primavera -


Un Sorriso

UN SORRISO

Donare un sorriso rende felice il cuore,
Arricchisce chi lo riceve senza impoverire chi lo dona,
non dura che un istante,
ma il suo ricordo rimane a lungo,
Nessuno è così ricco da poterne fare a meno,
né così povero da non poterlo donare,
Il sorriso crea gioia in famiglia,
dà sostegno nel lavoro
ed è segno tangibile di Amicizia,
Un sorriso dona sollievo a è stanco,
rinnova il coraggio nelle prove e nella tristezza è medicina,
E se poi incontri chi non te lo offre,
sii generoso e porgigli il tuo:
“NESSUNO HA TANTO BISOGNO DI UN SORRISO
COME COLUI CHE NON SA’ DONARLO”

Cantico delle Creature

Cantico delle Creature
poesia di San Francesco d'Assisi
Altissimu, onnipotente bon Signore, Tue so' le laude, la gloria e l'honore et onne benedictione.
Ad Te solo, Altissimo, se konfano, et nullu homo ène dignu te mentovare.

Laudato sie, mi' Signore cum tucte le Tue creature, spetialmente messor lo frate Sole, lo qual è iorno, et allumini noi per lui. Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore: de Te, Altissimo, porta significatione.

Laudato si', mi Signore, per sora Luna e le stelle: in celu l'ài formate clarite et pretiose et belle.
Laudato si', mi' Signore, per frate Vento et per aere et nubilo et sereno et onne tempo, per lo quale, a le Tue creature dài sustentamento.

Laudato si', mi Signore, per sor'Acqua. la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta.
Laudato si', mi Signore, per frate Focu, per lo quale ennallumini la nocte: ed ello è bello et iocundo et robustoso et forte.

Laudato si', mi Signore, per sora nostra matre Terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti fior et herba.
Laudato si', mi Signore, per quelli che perdonano per lo Tuo amore et sostengono infirmitate et tribulatione.

Beati quelli ke 'l sosterranno in pace, ka da Te, Altissimo, sirano incoronati.
Laudato si' mi Signore, per sora nostra Morte corporale, da la quale nullu homo vivente po' skappare: guai a quelli ke morrano ne le peccata mortali; beati quelli ke trovarà ne le Tue sanctissime voluntati, ka la morte secunda no 'l farrà male.


Laudate et benedicete mi Signore et rengratiate e serviateli cum grande humilitate.

Biscotti de San Francesco

Biscotti de San Francesco
“ Mostaccioli -



Tradizione vuole che madonna Jacopa di Sottesoli, devota di Santa Chiara, usasse preparare per Francesco dei particolari biscotti dalle dimensioni di un dito, si chiamavano: “mostaccioli”.

Ingredienti:
farina miele - mandorle tostate cannella - scorza di arancio. Preparazione: impastare la farina con il miele. Pestare le mandorle con la cannella e la scorza di arancio. Aggiungere il trito all’impasto, e lavorarlo affinché il tutto sia ben amalgamato. Stendere il composto per l’altezza di un dito, e ricavarne dei biscottini che dovranno essere passati in forno ben caldo.



[roma, trastevere, 20 agosto 2007, ore 15:30]

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